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Cinzia Napoli: “ Con Poletti costruiamo una città capace di ascoltare “

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Nei giorni scorsi si sono svolti due interessantissimi incontri sulle tematiche giovanili. Il primo organizzato dagli studenti medi che hanno presentato ai candidati sindaci le loro richieste per la città che verrà. Il secondo organizzato dai giovani cattolici che hanno presentato i risultati di un questionario a cui hanno risposto più di 150 tra ragazze e ragazzi. 
Pur nella diversità dell’approccio, entrambi i gruppi di giovani hanno chiesto ai candidati sindaci sostanzialmente le stesse cose: 

-Una visione della città che non si dimentichi di loro e delle loro esigenze e specificità; 
– Una richiesta di partecipazione quotidiana (non solo sotto elezioni) alla vita sociale e politica della città 
– Una richiesta di formazione per affrontare un mondo in rapida e continua evoluzione 
In sintesi cosa hanno chiesto questi ragazzi? Di essere ascoltati, nel momento in cui si decide come sarà la città del futuro e quale sarà il loro posto nel mondo. Ma noi adulti siamo pronti ad ascoltarli? È tutto da dimostrare. 

Io ho due figlie: una ha 37 anni ed è cresciuta negli anni ‘90 e nei primi anni del nuovo secolo. Il mondo digitale era agli albori e l’educazione era sostanzialmente quella ricevuta dai miei genitori, pur con gli aggiustamenti dovuti alla diversa società intorno a noi. L’altra ha 15 anni: come si dice adesso è “nativa digitale”. Posso utilizzare lo stesso metodo educativo utilizzato per la mia prima figlia anche per lei? La risposta è una sola: no. Né mi sento pronta (non mi vergogno a dirlo) a spiegarle le opportunità ma anche i pericoli che il mondo digitale comporta. 

Il mondo digitale rappresenta una grande opportunità di conoscenza, di interazione con mondi lontani, di formazione ma implica la dematerializzazione del mondo reale, la sua virtualizzazione. E questa confusione tra mondo virtuale e mondo reale è la causa di tanti episodi che hanno visto ragazzi in giro per il mondo fare “challenge” con danni irreparabili per se stessi e per le loro vittime. Qualcosa deve farlo la scuola, mettendo in campo più figure professionalmente preparate per dare risposte ai nostri ragazzi. Ma non solo: questo aiuto va esteso anche alle famiglie. 

E poi non ci dobbiamo dimenticare di tutti i giovani che hanno abbandonato la scuola e che magari non si sono ancora inseriti nel mondo del lavoro. I loro problemi sono gli stessi degli studenti, aggravati dal fatto che mentre questi vivono comunque in una comunità, quella scolastica appunto, chi ha abbandonato la scuola difficilmente ha una comunità che lo accoglie se non quella che può trovare nel mondo digitale oppure in strada, con tutte le conseguenze che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. L’aiuto è dovuto anche a loro e compito dell’amministrazione comunale è intercettare anche questi giovani, individuarne i bisogni e predisporre dei percorsi specifici per aiutarli a trovare la consapevolezza di se stessi e del loro posto nel mondo.


Un progetto di città capace di ascoltare, al quale intendo contribuire partendo dalla mia esperienza professionale e politica e inserendomi in quella visione di città che, con Paolo Poletti sindaco di Civitavecchia, potremo finalmente mettere in campo, rendendoci tutti protagonisti nel raccogliere le sfide del presente e del futuro.

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Pur nella diversità dell’approccio, entrambi i gruppi di giovani hanno chiesto ai candidati sindaci sostanzialmente le stesse cose: 

-Una visione della città che non si dimentichi di loro e delle loro esigenze e specificità; 
– Una richiesta di partecipazione quotidiana (non solo sotto elezioni) alla vita sociale e politica della città 
– Una richiesta di formazione per affrontare un mondo in rapida e continua evoluzione 
In sintesi cosa hanno chiesto questi ragazzi? Di essere ascoltati, nel momento in cui si decide come sarà la città del futuro e quale sarà il loro posto nel mondo. Ma noi adulti siamo pronti ad ascoltarli? È tutto da dimostrare. 

Io ho due figlie: una ha 37 anni ed è cresciuta negli anni ‘90 e nei primi anni del nuovo secolo. Il mondo digitale era agli albori e l’educazione era sostanzialmente quella ricevuta dai miei genitori, pur con gli aggiustamenti dovuti alla diversa società intorno a noi. L’altra ha 15 anni: come si dice adesso è “nativa digitale”. Posso utilizzare lo stesso metodo educativo utilizzato per la mia prima figlia anche per lei? La risposta è una sola: no. Né mi sento pronta (non mi vergogno a dirlo) a spiegarle le opportunità ma anche i pericoli che il mondo digitale comporta. 

Il mondo digitale rappresenta una grande opportunità di conoscenza, di interazione con mondi lontani, di formazione ma implica la dematerializzazione del mondo reale, la sua virtualizzazione. E questa confusione tra mondo virtuale e mondo reale è la causa di tanti episodi che hanno visto ragazzi in giro per il mondo fare “challenge” con danni irreparabili per se stessi e per le loro vittime. Qualcosa deve farlo la scuola, mettendo in campo più figure professionalmente preparate per dare risposte ai nostri ragazzi. Ma non solo: questo aiuto va esteso anche alle famiglie. 

E poi non ci dobbiamo dimenticare di tutti i giovani che hanno abbandonato la scuola e che magari non si sono ancora inseriti nel mondo del lavoro. I loro problemi sono gli stessi degli studenti, aggravati dal fatto che mentre questi vivono comunque in una comunità, quella scolastica appunto, chi ha abbandonato la scuola difficilmente ha una comunità che lo accoglie se non quella che può trovare nel mondo digitale oppure in strada, con tutte le conseguenze che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. L’aiuto è dovuto anche a loro e compito dell’amministrazione comunale è intercettare anche questi giovani, individuarne i bisogni e predisporre dei percorsi specifici per aiutarli a trovare la consapevolezza di se stessi e del loro posto nel mondo.


Un progetto di città capace di ascoltare, al quale intendo contribuire partendo dalla mia esperienza professionale e politica e inserendomi in quella visione di città che, con Paolo Poletti sindaco di Civitavecchia, potremo finalmente mettere in campo, rendendoci tutti protagonisti nel raccogliere le sfide del presente e del futuro.

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