«Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti». Nel canto del Servo del Signore del profeta Isaia troviamo condensata la Passione di Gesù che in questo Venerdì Santo avvolge la Chiesa nel silenzio davanti alla sofferenza e alla morte del Figlio di Dio. Il vescovo Gianrico Ruzza ha presieduto questa antica liturgia nel Duomo di Tarquinia pregando con i fedeli davanti al crocifisso.
«Un mondo come il nostro, tutto terrestre e materiale, non può essere attirato dal servo sfigurato. Ma può essere colpito dalla morte ingiusta che “quel Servo” subisce nell’indifferenza generale e nella pervicacia del male», ha sottolineato il pastore parlando del dolore diffuso nel mondo schiacciato da guerre e ingiustizie che colpiscono soprattutto i più deboli e fragili.
Dio manifesta nel dolore di Gesù la natura della sua Misericordia che consiste della necessità di donarsi. «Dinanzi al Crocifiggilo! – ha spiegato il vescovo – Ripetuto a più riprese dalla folla urlante e delirante, dinanzi al rifiuto della sua gente che lo ha da poco acclamato come il Messia, Gesù tace nell’Amore e dona tutto se stesso. Questa è la logica dell’Amore! È la logica di chi sa che Dio non può abbandonarci, anzi sceglie di stare con noi nel dolore e nella solitudine, quella che Gesù sperimenta».
Abbassandosi, svuotandosi e spogliandosi di tutto il suo potere, l’Agnello di Dio ci convoca tutti sul patibolo: «Siamo sospesi nel dolore dinanzi alla croce, ma rimaniamo sospesi in attesa del passaggio negli inferi per giungere al trionfo pasquale della vita. Si tratta di un’attesa fervida e speranzosa».